L'arte Araba non è molto conosciuta e spesso viene fraintesa e letta in maniera distorta. Questo
avviene dalla poca conoscenza dell'argomento e dagli stereotipi che
vengono attribuiti all'arte araba in generale e alla scultura in
particolare. Questa visione non è presente solo nel mondo
occidentale ma è presente soprattutto nei, diretti interessati,
paesi arabi.
Per
cominciare dobbiamo avere una visione globale degli inizi,
un'introduzione storica per capire meglio il contesto
e la sua evoluzione.
Storia
Nel
646 gli arabi iniziarono la loro ascesa verso la conquista, fu grazie
alla fede islamica che gli Arabi, uscendo dalla relativamente
limitata area peninsulare araba (oggi ospitante l'Arabia saudita lo
Yemen, l'Oman, il Qatar il Bahrain, il territorio degli Emirati Arabi
Uniti e il Kuwait ), si coalizzarono e andarono a diffondersi nei
continenti asiatico, africano ed europeo lasciando un segno
indelebile nella storia e nella cultura dell'umanità.
Unirono
in un'unica civiltà popolazioni di nazioni, origine, lingua e
cultura diverse, mischiandole fino a renderle omogenee. L'assenza di
una tradizione artistica presso le tribù beduine dell'Arabia, alle
quali si deve in un ultima analisi la prodigiosa diffusione
dell'islamismo, non consente di attribuire a queste, nella formazione
dell'arte islamica, quel ruolo primario che appare invece evidente
nel campo religioso e in quello linguistico. La cultura artistica del
mondo islamico si è formata come tale in un momento che, pur
cronologicamente assai prossimo alle origini, va nondimeno
considerato secondario nell'ambito dello sviluppo generale
dell'islam. La necessita di adeguare alle nuove esigenze religiose e
politiche il retaggio artistico che le diverse province del nuovo
impero arabo avevano versato nella nascente comunità dei credenti
portò ad una profonda e originale rielaborazione di tutta l'arte del
Vicino e Medio Oriente.
L'arte
islamica nacque così sotto l'impulso di esigenze d'ordine pratico e
di una nuova sensibilità estetica rafforzata da concezioni
religiose, e per la sua aderenza a questi principi religiosi ed
estetici, rimasti immutati fino ad oggi. Essa presenta un aspetto
singolare: a prescindere da quelle regioni, come la Persia, l'India e
in parte la Turchia, in cui la reazione delle forme artistiche
precedenti all'invasione araba è stata tale da imporsi,
condizionandola, all'arte del periodo islamico, essa non ha avuto uno
sviluppo stilistico coerente: la concezione puramente ornamentale dei
valori plastici non poteva dar luogo ad una problematica di stile.
Quindi uno dei più interessanti fenomeni dell'arte islamica è
costituito dalla sostanziale unità di tutta la sua produzione,
nonostante la disparità delle origini e l'immensa diffusione nello
spazio. A tale comunione contribuì certo l'unità religiosa del
mondo islamico, ma l'influenza di questa va circoscritta entro limiti
ragionevoli. La necessità di edifici pubblici rispondenti a
determinate funzioni ( moschee, “madrase”, bagni )non può
giustificare, con l'identità dello scopo, la stretta affinità che
tutti questi edifici, ad onta di qualche diversità tipologica,
presentano tra loro su tutto il territorio di fede islamica da un
punto di vista intrinseco.
L'unità
religiosa dell'islam ha influito sulla sua arte, facilitando
enormemente i contatti tra scuole artigianali geograficamente
distanti. I pellegrinaggi alla Mecca,durante il quale artigiani di
regioni diverse erano di frequente costretti a lavorare per potersi
pagare il viaggio, costituivano una delle occasioni più normali per
lo scambio di tecniche, di motivi ornamentali, di innovazioni
tipologiche. L'ampiezza dei commerci, i movimenti degli eserciti
solitamente accompagnati da gruppi di artigiani e il forzoso
trasferimento in massa di intere maestranze specializzate comandate
dai sovrani, non ultimo il mecenatismo dei dinasti, furono altre
cause che giovandosi di una situazione che aveva le sue origini in un
dato religioso, contribuirono alla diffusione e alla comune adozione
di qualsiasi innovazione tecnica, iconografica o tipologica
La coesistenza tra Arte e Religione
La religione non si
limitò a suggerire alcuni elementi architettonici nelle moschee
(quali il “mihràb”, il “minbar”, il minareto, la fontana al
centro del cortile) o a creare le premesse per una libera
circolazione dei prodotti e delle idee artistiche: un divieto ben
preciso quello di raffigurare figure di esseri viventi non poteva
restare privo di conseguenze sui modi di espressione artistica. Ma
quando si sostiene che l'arte islamica non ha espresso la figura
umana o vivente perché ciò è vietato dal corano, si fa un
affermazione esatta soltanto se ci si limita ad un esame superficiale
della sua produzione: se però ci si addentra nei particolari, le
eccezioni affiorano numerose (non è privo di interesse rilevare come
la stessa cosa avvenga, in limiti ovviamente più ridotto, per l'arte
ebraica, supposta vittima del rigido divieto mosaico; in realtà è
stato dimostrato che solo al tempo di Erode il Grande, contemporaneo
di Augusto; la legge dell'aniconismo fu applicata con una certa
severità).
Il predominante
carattere non figurativo dell'arte islamica va quindi spiegato
altrimenti. Una semplice più sensibile tendenza antinaturalistica si
cominciò ad affermare nel vicino oriente già poco prima della
nostra era, come reazione all'arte ellenistica. Sul piano storico ciò
coincide con il progressivo risveglio dell'elemento orientale, in
gran parte semitico, la qui visione antinaturalistica in arte già
manifestata nelle civiltà preellenistiche.
I divieti religiosi
come quello mosaico e quello coranico sono, in ogni modo, una
conseguenza, non la causa della mancanza di naturalismo nell'arte dei
popoli semitici; e laddove, come nel caso dell'Islam, il sentimento
religioso si manifesta più forte, il divieto non fa che ribadire e
rendere normativa l'innata tendenza all'astrattismo. Posto sotto
questo angolo visuale, il problema dell'aniconismo nell'arte islamica
diventa comprensibile anche nelle sue eccezioni: le inaspettate
decorazioni dei castelli omàyyadi nel deserto siriano, la
particola decoro nel castello Omàyyadi |
ceramica
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della scuola mesopotamica, le miniature persiane e i
disegni ottomani, le sculture iberiche o le pitture siciliane
costituiscono non tanto deroghe dalle leggi religiose quanto il
permanere o il riaffiorare di tendenze artistiche meno connesse,
anche etnicamente all'elemento arabo. Non è certo a caso se gli
arabi, tra tutti i popoli che compongono il popolo musulmano, siano i
soli ad non aver posseduto una tradizione artistica, a non essersene
creata una e ad aver viceversa sviluppato al massimo grado il
carattere ornamentale e decorativo della scrittura. Definendo “arabesco”
l'effetto ornamentale della più comune decorazione islamica si è
affermata una verità probabilmente più profonda di quanto si
pensasse.
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