martedì 4 giugno 2013

Le Origini


L'arte Araba non è molto conosciuta e spesso viene fraintesa e letta in maniera distorta.  Questo avviene dalla poca conoscenza dell'argomento e dagli stereotipi che vengono attribuiti all'arte araba in generale e alla scultura in particolare. Questa visione non è presente solo nel mondo occidentale ma è presente soprattutto nei, diretti interessati, paesi arabi.
Per cominciare dobbiamo avere una visione globale degli inizi, un'introduzione storica per capire meglio il contesto e la sua evoluzione.


Storia

Nel 646 gli arabi iniziarono la loro ascesa verso la conquista, fu grazie alla fede islamica che gli Arabi, uscendo dalla relativamente limitata area peninsulare araba (oggi ospitante l'Arabia saudita lo Yemen, l'Oman, il Qatar il Bahrain, il territorio degli Emirati Arabi Uniti e il Kuwait ), si coalizzarono e andarono a diffondersi nei continenti asiatico, africano ed europeo lasciando un segno indelebile nella storia e nella cultura dell'umanità.
Unirono in un'unica civiltà popolazioni di nazioni, origine, lingua e cultura diverse, mischiandole fino a renderle omogenee. L'assenza di una tradizione artistica presso le tribù beduine dell'Arabia, alle quali si deve in un ultima analisi la prodigiosa diffusione dell'islamismo, non consente di attribuire a queste, nella formazione dell'arte islamica, quel ruolo primario che appare invece evidente nel campo religioso e in quello linguistico. La cultura artistica del mondo islamico si è formata come tale in un momento che, pur cronologicamente assai prossimo alle origini, va nondimeno considerato secondario nell'ambito dello sviluppo generale dell'islam. La necessita di adeguare alle nuove esigenze religiose e politiche il retaggio artistico che le diverse province del nuovo impero arabo avevano versato nella nascente comunità dei credenti portò ad una profonda e originale rielaborazione di tutta l'arte del Vicino e Medio Oriente.




L'arte islamica nacque così sotto l'impulso di esigenze d'ordine pratico e di una nuova sensibilità estetica rafforzata da concezioni religiose, e per la sua aderenza a questi principi religiosi ed estetici, rimasti immutati fino ad oggi. Essa presenta un aspetto singolare: a prescindere da quelle regioni, come la Persia, l'India e in parte la Turchia, in cui la reazione delle forme artistiche precedenti all'invasione araba è stata tale da imporsi, condizionandola, all'arte del periodo islamico, essa non ha avuto uno sviluppo stilistico coerente: la concezione puramente ornamentale dei valori plastici non poteva dar luogo ad una problematica di stile. Quindi uno dei più interessanti fenomeni dell'arte islamica è costituito dalla sostanziale unità di tutta la sua produzione, nonostante la disparità delle origini e l'immensa diffusione nello spazio. A tale comunione contribuì certo l'unità religiosa del mondo islamico, ma l'influenza di questa va circoscritta entro limiti ragionevoli. La necessità di edifici pubblici rispondenti a determinate funzioni ( moschee, “madrase”, bagni )non può giustificare, con l'identità dello scopo, la stretta affinità che tutti questi edifici, ad onta di qualche diversità tipologica, presentano tra loro su tutto il territorio di fede islamica da un punto di vista intrinseco.

L'unità religiosa dell'islam ha influito sulla sua arte, facilitando enormemente i contatti tra scuole artigianali geograficamente distanti. I pellegrinaggi alla Mecca,durante il quale artigiani di regioni diverse erano di frequente costretti a lavorare per potersi pagare il viaggio, costituivano una delle occasioni più normali per lo scambio di tecniche, di motivi ornamentali, di innovazioni tipologiche. L'ampiezza dei commerci, i movimenti degli eserciti solitamente accompagnati da gruppi di artigiani e il forzoso trasferimento in massa di intere maestranze specializzate comandate dai sovrani, non ultimo il mecenatismo dei dinasti, furono altre cause che giovandosi di una situazione che aveva le sue origini in un dato religioso, contribuirono alla diffusione e alla comune adozione di qualsiasi innovazione tecnica, iconografica o tipologica


La coesistenza tra Arte e Religione


La religione non si limitò a suggerire alcuni elementi architettonici nelle moschee (quali il “mihràb”, il “minbar”, il minareto, la fontana al centro del cortile) o a creare le premesse per una libera circolazione dei prodotti e delle idee artistiche: un divieto ben preciso quello di raffigurare figure di esseri viventi non poteva restare privo di conseguenze sui modi di espressione artistica. Ma quando si sostiene che l'arte islamica non ha espresso la figura umana o vivente perché ciò è vietato dal corano, si fa un affermazione esatta soltanto se ci si limita ad un esame superficiale della sua produzione: se però ci si addentra nei particolari, le eccezioni affiorano numerose (non è privo di interesse rilevare come la stessa cosa avvenga, in limiti ovviamente più ridotto, per l'arte ebraica, supposta vittima del rigido divieto mosaico; in realtà è stato dimostrato che solo al tempo di Erode il Grande, contemporaneo di Augusto; la legge dell'aniconismo fu applicata con una certa severità).
Il predominante carattere non figurativo dell'arte islamica va quindi spiegato altrimenti. Una semplice più sensibile tendenza antinaturalistica si cominciò ad affermare nel vicino oriente già poco prima della nostra era, come reazione all'arte ellenistica. Sul piano storico ciò coincide con il progressivo risveglio dell'elemento orientale, in gran parte semitico, la qui visione antinaturalistica in arte già manifestata nelle civiltà preellenistiche.




I divieti religiosi come quello mosaico e quello coranico sono, in ogni modo, una conseguenza, non la causa della mancanza di naturalismo nell'arte dei popoli semitici; e laddove, come nel caso dell'Islam, il sentimento religioso si manifesta più forte, il divieto non fa che ribadire e rendere normativa l'innata tendenza all'astrattismo. Posto sotto questo angolo visuale, il problema dell'aniconismo nell'arte islamica diventa comprensibile anche nelle sue eccezioni: le inaspettate decorazioni dei castelli omàyyadi nel deserto siriano, la 
particola decoro nel castello Omàyyadi
ceramica
 della scuola mesopotamica, le miniature persiane e i disegni ottomani, le sculture iberiche o le pitture siciliane costituiscono non tanto deroghe dalle leggi religiose quanto il permanere o il riaffiorare di tendenze artistiche meno connesse, anche etnicamente all'elemento arabo. Non è certo a caso se gli arabi, tra tutti i popoli che compongono il popolo musulmano, siano i soli ad non aver posseduto una tradizione artistica, a non essersene creata una e ad aver viceversa sviluppato al massimo grado il carattere ornamentale e decorativo della scrittura. Definendo “arabesco” l'effetto ornamentale della più comune decorazione islamica si è affermata una verità probabilmente più profonda di quanto si pensasse.

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